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VG18.0913 10/15/2018
Appalti pubblici – Il c.d. “decreto sicurezza” trasforma da contravvenzione in delitto il reato di subappalto non autorizzato, aumentandone la sanzione detentiva
canale: Appalti pubblici Edilizia urbanistica

Il D.L. 113/2018 (Decreto sicurezza) interviene anche sulla disciplina penale del subappalto nei contratti di appalto con la pubblica amministrazione, modificando da contravvenzione a delitto la qualificazione giuridica del reato di “subappalto non autorizzato” previsto e disciplinato dall’art. 21 della legge 646/1982 ed aumentando sensibilmente l’entità della sanzione detentiva prevista a carico del subcommittente/appaltatore e del subappaltatore.



Approfondimenti
L’art. 25 del decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113 (c.d. “Decreto sicurezza”), rubricato “Sanzioni in materia di subappalti illeciti”, interviene nel testo dell’art. 21 della legge 13 settembre 1982, n. 646, che per la prima volta ha introdotto nell’ordinamento giuridico la fattispecie di reato costituita dalla concessione “anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte”, opere riguardanti la pubblica amministrazione.

1 – L’aggravamento delle conseguenze penali del subappalto non autorizzato


In virtù delle modifiche introdotte dal D.L. 113/2018, il nuovo testo dell’art. 21 della legge 646/1982 risulta essere il seguente (in neretto le parti modificate):
“Chiunque, avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione, concede anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte le opere stesse, senza l'autorizzazione dell'autorità competente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore ad un terzo del valore dell'opera concessa in subappalto o a cottimo e non superiore ad un terzo del valore complessivo dell'opera ricevuta in appalto. Nei confronti del subappaltatore e dell'affidatario del cottimo si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa pari ad un terzo del valore dell'opera ricevuta in subappalto o in cottimo. È data all'amministrazione appaltante la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto”.

In precedenza, la sanzione detentiva consisteva nell’arresto da sei mesi ad un anno, mentre la sanzione pecuniaria, diversificata tra subcommittente/appaltatore e subappaltatore, era di ammontare invariato rispetto a quello attuale (non inferiore ad un terzo del valore del contratto d’appalto per il subcommittente/appaltatore e non inferiore ad un terzo del valore del subcontratto per il subappaltatore), ma era qualificata come ammenda.

L’attuale previsione delle sanzioni concorrenti costituite dalla reclusione e della multa comporta la trasformazione del reato da contravvenzionale a delitto, con la conseguente inapplicabilità dell’istituto dell’oblazione di cui all’art. 162-bis del codice penale, che configura una causa di estinzione del reato applicabile solo ai reati contravvenzionali.

Quanto alla condotta prevista e punita dalla norma incriminatrice, rimangono inalterati gli elementi già presenti nella versione originaria dell’art. 21 della legge 646/1982, ovvero:
a) l’esistenza di un contratto di appalto avente ad oggetto opere riguardanti la pubblica amministrazione;
b) la concessione/affidamento, anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte, delle opere costituenti oggetto dell’appalto;
c) l’assenza dell’autorizzazione della stazione appaltante.

2. – L’ambito oggettivo: applicabilità agli appalti di forniture e di servizi


Il riferimento ad “opere riguardanti la pubblica amministrazione” è stato inizialmente interpretato limitando la fattispecie criminosa ai soli appalti o cottimi non autorizzati a valle di contratti di appalto di lavori pubblici (ad es. Cass. pen., Sez IV, 14.07.2000, n. 8243)

In epoca più recente, peraltro, la portata della disposizione incriminatrice è stata rivalutata, considerandola idonea a ricomprendere anche i subappalti ed i cottimi a valle di appalti di forniture e/o si servizi (ad es. Cass. pen., Sez. V, 2.07.2009, n. 35057; AVCP parere AG 12/2012; ANAC deliberazione 26/2015).

3. – L’ambito oggettivo: la nozione di subappalto ed i subcontratti “assimilabili”


Anche per quanto attiene all’espressione “subappalto”, l’interpretazione della giurisprudenza penale ha finito per ricomprendere nella fattispecie criminosa del subappalto non autorizzato anche i subcontratti comunque assimilati al subappalto, quali ad esempio le forniture con posa ed i noli a caldo, almeno qualora abbiano le caratteristiche per essere soggetti alla previa autorizzazione della stazione appaltante (ad es. Cass. pen., Sez. III, 1.12.2010; Cass. pen., Sez. III, 29.11.2005, n. 992).

A tal proposito si ricorda che l’art. 105, comma 2, del vigente Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016), sostanzialmente riproponendo quanto disposto dal Codice previgente (art. 118, comma 11, D. Lgs. 163/2006), stabilisce che “Costituisce, comunque, subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da affidare”.

4. – Le conseguenze extra penali del subappalto non autorizzato


Il “decreto sicurezza”, intervenendo sulla natura e sulla entità della sanzione penale detentiva prevista a carico sia del subcommittente/appaltatore, sia del subappaltatore o del cottimista, non modifica l’ultimo periodo del primo comma dell’art. 21 della legge 646/1982, in base al quale “E’ data all’amministrazione appaltante la facoltà di richiedere la risoluzione del contratto”.

Costituisce, altresì, pacifica acquisizione della giurisprudenza e della prassi amministrativa la nullità ai sensi del primo comma dell’art. 1418 c.c. del contratto di subappalto non autorizzato, in quanto contrario alla norma imperativa che ne impone la previa autorizzazione da parte della stazione appaltante (ad es.Cass. civ., Sez. II, 15.01.2014, n. 713; Trib. Bari, Sez. IV, 2.03.2017, n. 1124; ANAC deliberazione 26/2015), con la conseguenza che il subappaltatore non può far valere nei confronti del subcommittente/appaltatore le ragioni di credito fondate sull’esecuzione del subcontratto nullo

Inoltre, viene tendenzialmente preclusa al subappaltatore nei confronti del subcommittente/appaltatore e all’appaltatore nei confronti della stazione appaltante l’esperibilità dell’azione generale di arricchimento di cui all’art. 2041 c.c. (ad es. Cass. civ., Sez. I, 26.01.2011, n. 1833; Trib. Lecce, Sez. II, 11.10.2016, n. 4237; AVCP deliberazione 35/2008).

5. – Entrata in vigore e termine per la conversione in legge


Le innovazioni apportate dall’art. 25 del D.L. 113/2018 all’art. 21 della legge 646/1982 sono entrate in vigore il 5 ottobre 2018 (giorno successivo alla pubblicazione del decreto legge nella Gazzetta Ufficiale n. 231 del 4 ottobre 2018).

A norma dell’art. 77, terzo comma, della Costituzione il D.L. 113/2018 deve essere convertito in legge, pena la perdita d’efficacia sin dall’inizio, entro il 3 dicembre 2018 (sessantesimo giorno dalla pubblicazione nella G.U.)


Per informazioni
Stefano Blason
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